“E’ l’Italia che ricuce e che dà fiducia”. Questo il filo conduttore del discorso di fine anno del presidente Mattarella che ha evocato i soggetti che “rappresentano una rete preziosa di solidarietà”. Proprio insieme a questi soggetti, Governo e Parlamento tra il 2014 e il 2017 hanno varato una riforma volta a “favorire l’autonoma iniziativa dei cittadini,singoli e associati, nello svolgimento di attività di interesse generale,secondo il principio di sussidiarietà (art.118 della Costituzione). Per cui appare del tutto irragionevole oltreché sbagliato, introdurre nuove “tasse sulla bontà”, come previsto nella legge di bilancio. Ora il Governo ha promesso di cancellare la norma,ma se vuole promuovere le reti di solidarietà anche colpendo “i furbetti”, non ha che da dare piena applicazione alla Riforma del terzo settore, attraverso sette semplici ma indispensabili passi.
Primo: istituire il Registro unico degli enti del Terzo settore (Ets). E’ una misura cardine per sapere chi sono, cosa fanno tali enti e se sono meritevoli delle agevolazioni previste dalla legge. Va realizzato con le Regioni in modo uniforme su tutto il Paese entro agosto 2019.
Secondo: a proposito di norme fiscali, la riforma ha ridisegnato con pochi principi un sistema che si era fatto intricato e spesso inefficace. Diverse di queste norme, comprese quelle dedicate all’impresa sociale, necessitano per entrare in vigore di un’autorizzazione della Commissione Europea. Perché il Governo non ha ancora presentato la richiesta?
Terzo: per rafforzare e stabilizzare le attività e le strutture degli Ets, la riforma ha introdotto il “social bonus”, una misura fiscale fortemente agevolativa (fino al 65% di detrazione) per favorire l’utilizzo da parte degli stessi enti di immobili pubblici inutilizzati o confiscati alle mafie. Cosa aspetta il Governo ad emanare il decreto attuativo?
Quarto: nel Codice del Terzo settore sono stati istituiti i “Titoli di solidarietà”, ovvero obbligazioni o certificati di deposito con una tassazione pari ai titoli di debito pubblico, destinati proprio a finanziare le attività degli Ets. Cosa si aspetta a farli decollare?
Quinto: da luglio i tanto vituperati burocrati hanno predisposto una bozza di decreto relativo alle attività secondarie e strumentali degli Ets, in modo da regolare quelle attività di natura commerciale volte ad apportare risorse private per le attività principali degli stessi enti. Perché il Governo lo tiene nel cassetto?
Sesto: in ragione dei nuovi compiti attribuiti dalla riforma al Ministero del Lavoro attraverso la Direzione generale “Formazioni sociali e Terso settore”, si rende necessario un significativo rafforzamento del personale dedicato a svolgere le funzioni di indirizzo e controllo. Altrimenti la Riforma rischia di rimanere “bella ma impossibile”.
Settimo: il Governo ha opportunamente previsto un incontro con il Forum del Terzo settore. Ma non ha mai convocato il Consiglio nazionale del Terzo settore, organismo istituzionale a cui la legge attribuisce il compito supportare il Governo nell’applicazione della Riforma. Semplice dimenticanza?
Consiglio non richiesto per il nuovo anno: anziché ingiuste e irragionevoli “tasse sulla bontà”, basterebbe compiere questi semplici ma essenziali sette passi.
pubblicato in Corriere della Sera del 15 Gennaio 2019 Buone Notizie pag. 7