L’ecumenismo come programma della Chiesa in uscita

Una mia conversazione con Giacomo Galeazzi, giornalista de La Stampa, sullo stato dell’ecumenismo nel pontificato di Papa Francesco

E’ nel superamento della “scandalosa separazione fra cristiani” che si realizza la missione del pontificato di Francesco

leggi l’articolo Giacomo Galeazzi per In Terris

Luigi BobbaL’ecumenismo come programma della Chiesa in uscita
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Bobba: una proposta di legge del 2013 per il diritto di elettorato attivo ai cittadini che hanno compiuto il sedicesimo anno di età

La proposta di Enrico Letta di estendere la partecipazione al voto anche ai sedicenni, ha riacceso un dibattito che non è nuovo.

Nel marzo del 2013, proprio all’inizio della legislatura, insieme al collega Dario Nardella – oggi Sindaco di Firenze – depositammo alla Camera una proposta di legge per consentire ai sedicenni di votare per il Sindaco e il Consiglio comunale della propria città.

La proposta nasceva dalla constatazione del progressivo invecchiamento dell’elettorato italiano. Citavo, nella relazione di accompagnamento, uno studio dell’Università Cattolica di Milano nel quale si prevedeva che “entro il 2020 gli elettori di età inferiore ai 35 anni saranno oltre tre milioni in meno rispetto a quelli con più di 65 anni”. Ora il 2020 è ormai alle porte e la previsione formulata più di sei anni fa, si è rivelata del tutto veritiera. Ne deducevo che un elettorato sempre più anziano avrebbe fortemente condizionato le priorità di scelta dei partiti. Infatti, le elezioni si vincono con il consenso della maggioranza dei cittadini, per cui i partiti sono inevitabilmente spinti ad assecondare le richieste dei gruppi – anche quelli di età – più numerosi. Non è un caso che nell’ultimo decennio, il maggior numero di cittadini che vive sotto soglia di povertà assoluta si sia concentrato non più tra gli anziani bensì tra i minori che sperimentano oggi in condizioni di maggior svantaggio nell’accesso ai beni essenziali per una vita dignitosa.

La mia proposta, rispetto a quella di Letta, era forse meno ambiziosa ma più realistica e praticabile. Una possibilità che, come aveva argomentato un autorevole vercellese, – il Prof. Giovanni Bollea, una vita dedicata ai bambini e ai giovani – poteva costituire un’utile “prova” per far sentire questi giovani dei cittadini a pieno titolo, appartenenti innanzitutto ad una comunità locale e in grado di incidere sul destino della stessa.

La seconda ragione risiede nel fatto che questa “prova” potrebbe diventare un volano per  spingerli a prepararsi più adeguatamente, con il raggiungimento della maggiore età, all’accesso al voto per le elezioni politiche.

Ragioni che mi paiono ancora oggi convincenti per evitare che la proposta di Letta si riduca ad un fuoco di paglia e i giovani, proprio perché minoranza numerica, diventino sempre più marginali nelle competizioni elettorali. Cominciamo dunque a far votare i sedicenni per il proprio Sindaco: sarà un primo passo nella giusta direzione.

vai al testo della Proposta di Legge

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“Global Inclusion”: a FICO l’evento su inclusione, diversità e lavoro

“Global inclusion – Generazioni senza frontiere”: gli stati generali dell’inclusione nel lavoro. 150 imprese, decine di associazioni, 9 tra Università e scuole italiane, 750 lavoratrici e lavoratori si incontrano per condividere le best practice su diversity & inclusion

leggi l’articolo su Affaritaliani del 11 settembre 2019

 

Luigi Bobba“Global Inclusion”: a FICO l’evento su inclusione, diversità e lavoro
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Bobba, Global Inclusion: “Le imprese vogliono creare valore, non solo profitto”

“L’istanza principale è il riferimento all’articolo 3 della Carta Costituzionale, dove si chiede alla Repubblica di rimuovere gli ostacoli che impediscono piena uguaglianza e effettiva partecipazione. È quello che vogliamo fare anche noi, a partire dalle imprese e dal lavoro – ha detto Luigi Bobba, Presidente del Comitato Global Inclusion Art. 3, ad Affaritaliani.it. “L’obiettivo è che questa manifestazione diventi una possibilità per allargare nella cultura di impresa quella che oggi sembra diventare una prospettiva di futuro: per le imprese non basta più solo fare profitti, bisogna creare valore. Per creare valore bisogna mettere insieme sostenibilità ambientale, sociale e economica. Solo le imprese che tengono insieme queste tre dimensioni diventano imprese di successo”.

guarda il video di Affaritaliani

Bologna, Fico Eataly, 11 settembre 2019

Luigi BobbaBobba, Global Inclusion: “Le imprese vogliono creare valore, non solo profitto”
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GLOBAL INCLUSION. GENERAZIONI SENZA FRONTIERE (Bologna, 11 settembre 2019)

Propongo tre brevi riflessioni per esplicitare il significato e gli obiettivi dell’evento dell’11 settembre a Bologna “Global Inclusion. Generazioni senza frontiere

Milton Friedman, il principale esponente della scuola di Chicago, premio Nobel per l’economia, era solito ripetere che l’unica responsabilità sociale delle imprese era fare utili per accrescere i dividendi per gli azionisti. Questa dottrina è stata di recente sconfessata da un documento presentato nella recente sessione della Roundtable che riunisce 180 Ceo delle più importanti imprese americane. In quel consesso è stata impressa una “svolta etica” alla cultura d’impresa. Non basta più semplicemente generare profitti, occorre creare valore, ovvero tenere insieme sostenibilità economica, sociale e ambientale nella gestione delle imprese.

Ebbene, Global Inclusion è stato pensato prima della sessione della Roundtable, ma il cuore del messaggio coincide proprio con quanto là si è sostenuto: le imprese di successo sono anche quelle più inclusive, ovvero quelle che perseguono tutti e tre i fattori della sostenibilità.

C’è un secondo elemento di originalità nella manifestazione dell’11 settembre: il riferimento all’art. 3 della Costituzione. Ci si potrebbe domandare: ma cosa centrano le imprese e la cultura d’impresa con l’art. 3 della Carta costituzionale? Osservo che i padri e le madri costituenti non si limitarono ad un’affermazione solenne della pari dignità di ogni cittadino di fronte alla legge senza alcun tipo di discriminazione, ma nella seconda parte affermarono che è compito della Repubblica rimuovere tutti gli ostacoli che impediscono una piena eguaglianza e l’effettiva partecipazione dei lavoratori…; È compito della Repubblica, non dello Stato, dell’Amministrazione pubblica, ma di tutte le componenti che costituiscono la nostra Repubblica: le istituzioni, le imprese, il terzo settore, i cittadini, i lavoratori. Ecco la Repubblica siamo noi, potremmo dire parafrasando Francesco Degregori. Global Inclusion si propone sia di riconoscere a ogni persona la propria dignità sia di contribuire a rimuovere tutto ciò che produce esclusione e diseguaglianze.

Infine, come si può evincere dal programma, protagonisti di Global Inclusion saranno anche una trentina di Enti del terzo settore. Questo, per la mia storia personale e i ruoli  pubblici che ho ricoperto, rappresenta un fattore fondamentale di novità. Credo che la contaminazione tra profit e non profit possa costituire una condizione basilare per generare innovazione sociale, cioè cultura, comportamenti e pratiche perché l’inclusione non resti un astratto principio ma linea guida nella gestione delle imprese. Il grande studioso Ralf Darendhorf affermava che la democrazia e l’economia di mercato non bastano.  La libertà ha bisogno di un terzo pilastro per essere salvaguardata: la società civile. La caratteristica essenziale della società aperta è che le nostre vite si svolgono in “associazioni”, ovvero in spazi di azione che né lo stato né il mercato possono assicurare. E allora l’alleanza tra profit e non profit può essere generativa di una comunità più solidale e dello sviluppo di un’economia civile.

Luigi BobbaGLOBAL INCLUSION. GENERAZIONI SENZA FRONTIERE (Bologna, 11 settembre 2019)
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Svolta e novità sì, ma ora si lavori soprattutto per i giovani e il futuro

Ospitiamo con piacere un intervento di Luigi Bobba, già sottosegretario di Stato al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, relativo al nascituro Governo Conte bis. Si tratta di una riflessione ad ampio raggio che verrà pubblicata sulla rivista “Vita”, testata specifica del Terzo Settore, e che Luigi Bobba ha voluto condividere con i lettori di Notizia Oggi Vercelli.

D.G.

leggi l’intervista su Notizia Oggi del 2 settembre 2019 

Luigi BobbaSvolta e novità sì, ma ora si lavori soprattutto per i giovani e il futuro
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Da “mostro” a “governo di necessità” Il Conte Bis visto dai politici vercellesi

«Anche se le due forze principali di questo nuovo governo – spiega Bobba – si sono combattute aspramente, questo stato di necessità giustifica una scelta simile, seppur rischiosa, ma che può rimettere in carreggiata un Paese che esce da un governo disastroso e da una deriva sovranista che ha isolato l’Italia. Conteranno le scelte programmatiche e le persone»

leggi l’articolo de LaStampa del 30 agosto 2019

 

Luigi BobbaDa “mostro” a “governo di necessità” Il Conte Bis visto dai politici vercellesi
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Giovani&futuro, 5 proposte concrete per il governo di novità

«La parola futuro ha dei volti precisi: i nostri bambini (sempre meno); i nostri ragazzi (meno istruiti della media dei ragazzi europei); i nostri giovani sempre più in cerca di un futuro in altri Paesi (circa 120mila ogni anno partono). E allora proviamo a compiere questa svolta e a giocarci la carta della novità su un programma di investimenti emotivi, relazionali, economici e politici», l’intervento dell’ex sottosegretario al Welfare nei governi Renzi e Gentiloni

leggi il mio articolo su Vita.it

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Ong straniere e fiducia nel non profit. Bobba: “Non confondersi con la politica”

L’ex sottosegretario al Welfare commenta le dichiarazioni del presidente di Ai.Bi. in merito ai dati Ipsos, al ruolo delle organizzazioni non italiane e alla necessità di maggiore trasparenza. “Con la riforma le regole già ci sono, devono diventare prassi”. Ma il non profit ora deve “investire in buona comunicazione”
Luigi BobbaOng straniere e fiducia nel non profit. Bobba: “Non confondersi con la politica”
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Luigi Bobba: “Riforma terzo settore, la sfida può essere ancora vinta. A patto che…”

(Vita.it) I sette passi necessari «per non svuotare nei fatti la riforma e per valorizzare quello straordinario patrimonio di risorse volontarie, civiche e imprenditoriali di cui il Terzo settore italiano dispone». L’editoriale, firmato dall’ex sottosegretario al Welfare del numero del magazine in distribuzione da questo fine settimana

Come accade spesso in Italia, le riforme finiscono per arenarsi nelle sabbie mobili del bizantinismo burocratico, nei tempi infiniti dei provvedimenti attuativi e nei micro interessi dei molti corporativismi eternamente presenti nel tessuto sociale del Paese. Anche la riforma del Terzo settore corre questo rischio.

Salutata come un cambiamento a lungo atteso, accompagnata dalla spinta delle molteplici realtà associative, di volontariato e di impresa sociale e sostenuta da una chiara volontà politica, la riforma era riuscita, dopo un percorso né semplice né breve, a tagliare il traguardo non solo dell’approvazione delle Camere ma anche degli indispensabili decreti legislativi che ne hanno disegnato forma, contenuti e tempi di attuazione.

A quasi due anni dall’approvazione del Codice del Terzo settore — il più importante dei cinque decreti legislativi — che ne è della riforma? Il Governo in carica ha avuto il merito di portare a termine i due decreti correttivi — quello sul Codice e quello sul Servizio civile universale — già predisposti dall’esecutivo guidato da Gentiloni. Ma nel frattempo — in questo anno di esecutivo giallo/verde — si sono susseguiti una serie di atti o di incidenti che hanno fatto chiedere agli osservatori più attenti se non sia in atto una vera e propria campagna per screditare e mettere nel mirino il Terzo settore. A cominciare dall’introduzione – poi cancellata – della tassa sulla bontà; dall’imposizione — anche qui recentemente depennata — nel decreto spazza corrotti agli enti di Terzo settore dello status di partito con gli obblighi e i costi conseguenti; per arrivare infine alla sistematica campagna contro le ong ree di salvare i migranti e di gestire l’accoglienza degli stessi.

Solo una serie di coincidenze o di incidenti? E come si riflette questo clima sull’applicazione della riforma del Terzo settore?
Certamente il livello dell’attenzione e della mobilitazione si è alquanto affievolito. E così può capitare che il Consiglio di Stato emetta un parere che mira a svuotare la carica innovativa degli art. 55, 56, 57 del Codice che disegnano un ruolo di partnership del Terzo settore nella programmazione delle politiche sociali; che alcune Regioni mettano a bando con solenne ritardo le risorse contenute nella riforma per i progetti innovativi delle Aps e delle Odv; che ci si accorga, grazie al puntuale intervento di Vita e di Italia non profit, che il Fondo del 5 per mille — per via della crescita del numero dei contribuenti che hanno optato per questo strumento — sia diventato insufficiente; così, pur senza alcuna modifica normativa, ritorna di fatto il famigerato tetto. Fatti che hanno obbligato — per necessità non certo per volontà — anche il Forum del Terzo Settore ad un ruolo più difensivo che propositivo, venendo così a mancare agli attori istituzionali quella spinta così necessaria a mantenere un passo spedito e sicuro nell’attuazione della riforma.

L’intento di queste annotazioni non è di natura polemica. Evidenzio pertanto sette passi necessari per non svuotare nei fatti la riforma e per valorizzare quello straordinario patrimonio di risorse volontarie, civiche e imprenditoriali di cui il Terzo settore italiano dispone.

Primo passo: condurre rapidamente a termine tre processi meritoriamente avviati in questo ultimo anno: la partenza del Registro unico nazionale, l’approvazione definitiva del decreto sulle attività secondarie e strumentali e lo sblocco del decreto sulle erogazioni liberali di beni in natura. In particolare, il Registro è un pilastro essenziale per avere finalmente uno strumento univoco e trasparente per l’accesso ai benefici della riforma.

Secondo passo: avviare subito la richiesta alla Commissione Europea per l’autorizzazione ad introdurre i nuovi regimi fiscali sia per la generalità degli enti di Terzo settore che quelli specifici per le imprese sociali. Oggi le uniche norme fiscali già in vigore sono quelle relative alle deduzioni e detrazioni per le erogazioni liberali e l’esenzione dalla tassa di registro e quella sugli atti transattivi. Il resto — che vale circa un terzo (50 milioni) della dotazione finanziaria della riforma — resta congelato.

Terzo passo: fare rapidamente il decreto attuativo per i Titoli di solidarietà e gli altri strumenti di finanza sociale previsti dal Codice. Come hanno ben evidenziato Paolo Venturi e Mario Calderini, c’è oggi un forte potenziale di sviluppo delle imprese sociali che questi strumenti potrebbero accompagnare e sostenere.

Quarto passo: avviare il “Social bonus”. Piange il cuore vedere che molti immobili pubblici inutilizzati o confiscati alle mafie, non possano diventare luoghi creativi per nuove attività e servizi del Terzo settore.

Quinto passo: cosa aspetta il ministero del Tesoro ad emanare il decreto che recepisce i nuovi criteri del 5 per mille? I recenti dati ci dicono che…


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