Intervento di Sandro Calvani* al Forum:
GLOBAL INCLUSION: generazioni senza frontiere
Roma, Milano, Bologna, Bangkok, 11 Settembre 2020
Sono Sandro Calvani. Vivo a Bangkok in Thailandia e lavoro presso la MFL Foundation, la più grande impresa sociale del Sud-Est asiatico che ha fatto della global inclusion un modello di impresa, segnalato dalle Nazioni Unite come una buona pratica di innovazione sociale e di sviluppo sostenibile.
Mi è stato chiesto cosa suggerisce la nuova parola chiave Thrivability (Generatività di prosperità inclusiva). Forse per rispondere basterebbe elencare una ventina di parole chiave espresse da chi mi ha preceduto.
Ma vorrei guardare a un nuovo orizzonte: vorrei contribuire alla riflessione di oggi aprendo una finestra sulla visione orientale delle sfide di global inclusion.
Come si può visualizzare in un’immagine di Ying-Yang (rischio = opportunità), viviamo un momento di straordinaria minaccia alle prospettive di progresso sostenibile e giusto dell’intera umanità; ma allo stesso tempo si presenta una grandissima e imperdibile opportunità di avviare buone pratiche di prosperità inclusiva.
Dato che l’umanità non ha messo a punto un sistema di governance dei rischi globali, che peraltro sono conosciuti da decenni, uno di essi -la pandemia- ha causato una distopia globale dell’intero bio-universo, un conflitto mondiale che ha sfondato le membrane cellulari dei polmoni dell’umanità, le frontiere tra i popoli, le ossature dei mercati diseguali, le porte delle case e delle nostre strade, dell’economia e della società.
Il 23 Maggio scorso, oltre 400 scienziati italiani, tra i quali anch’io, hanno firmato una lettera aperta al Presidente della Repubblica e al Presidente del Consiglio con dieci azioni urgenti per un paese sostenibile. Molte di esse richiedono, oltre all’azione politica, anche una forte partecipazione popolare. Sono proposte che in parte può realizzare ciascuno di noi: un’evoluzione nell’agricoltura e nelle forme di alimentazione, incluso un forte taglio ai consumi di carne di allevamenti intensivi, città verdi, energie rinnovabili, riduzione delle emissioni di anidride carbonica e altri gas a effetto serra che causano il cambiamento climatico, turismo sostenibile, lotta all’inquinamento e prevenzione dei rischi per la salute, biodiversità e restauro ambientale, protezione e uso sostenibile delle risorse del mare e della pesca, ricerca e formazione, compresa una profonda riforma della scuola, innovazione verde per la sostenibilità e il benessere nell’industria, nei trasporti, nell’informazione, nell’economia e nelle finanze.
L’allarme suonato chiaro e forte dalla crisi epocale che stiamo vivendo sottolinea che “il tutto è superiore alla parte”. I beni pubblici globali sono più importanti di ogni preoccupazione parziale. Il papa ha citato questo principio nella sua enciclica Laudato si’ sulla cura della casa comune dove, parlando dell’ecologia integrale, afferma che si deve aver cura di tutto l’insieme dei problemi del mondo e non preoccuparsi solo degli animali o delle foreste amazzoniche, ma anche allo stesso tempo dell’uomo, del suo ambiente, dei suoi diritti, del lavoro, della pace sociale…:
«Oggi l’analisi dei problemi ambientali è inseparabile dall’analisi dei contesti umani, familiari, lavorativi, urbani, e dalla relazione di ciascuna persona con se stessa, che genera un determinato modo di relazionarsi con gli altri e con l’ambiente. C’è un’interazione tra gli ecosistemi e tra i diversi mondi di riferimento sociale, e così si dimostra ancora una volta che «il tutto è superiore alla parte» (Laudato si’ n. 141).
Mi pare un chiarissimo appello all’inclusione di tutte le parti in quel tutto globale che le comprende e permette la loro sostenibilità e comprensibilità come succede per ogni piccola tessera di un grande mosaico.
Il capitolo della Laudato si’ che ha per titolo “Il mio appello” è una chiamata all’azione. Forse il capitolo più importante dal punto di vista del che cosa fare adesso.
“Rivolgo un invito urgente a rinnovare il dialogo sul modo in cui stiamo costruendo il futuro del pianeta. Abbiamo bisogno di un confronto che ci unisca tutti, perché la sfida ambientale che viviamo, e le sue radici umane, ci riguardano e ci toccano tutti. Il movimento ecologico mondiale ha già percorso un lungo e ricco cammino, e ha dato vita a numerose aggregazioni di cittadini che hanno favorito una presa di coscienza. Purtroppo, molti sforzi per cercare soluzioni concrete alla crisi ambientale sono spesso frustrati non solo dal rifiuto dei potenti, ma anche dal disinteresse degli altri. Gli atteggiamenti che ostacolano le vie di soluzione, vanno dalla negazione del problema all’indifferenza, alla rassegnazione comoda, o alla fiducia cieca nelle soluzioni tecniche. Abbiamo bisogno di nuova solidarietà universale[…]“
“I talenti e il coinvolgimento di tutti sono necessari per riparare il danno causato dagli esseri umani alla creazione. Tutti possiamo collaborare alla cura della creazione, ognuno con la propria cultura ed esperienza, le proprie iniziative e capacità”. La prosperità inclusiva non è un obiettivo economico, né una strategia politica, è un processo continuo di cambiamento di mentalità sulla natura dei sistemi viventi e dei sistemi economici, che comincia dal riconoscere la loro completa interdipendenza globale.
La prosperità inclusiva è un movimento globale in crescita, con appassionati sociologi, managers di impresa, psicologi ed economisti in tutto il mondo. La definiamo come l’intenzione e la pratica di allineare le organizzazioni sociali, lo stato, le imprese e l’economia al modo in cui le persone e le comunità prosperano se si integrano e includono i sistemi viventi.
I sistemi viventi, compresa l’umanità e ogni sua forma di organizzazione, sono interdipendenti come le fibre di una palla di rattan: se si rompe una fibra la palla si sfascia e non si può più giocare. Come in cubo di Rubik, per completare l’immenso rompicapo globale con miliardi di interazioni, bisogna governare allo stesso tempo ogni pezzetto e finché anche un solo un pezzetto è lasciato indietro, tutto il resto rimane disordinato. E non dobbiamo nemmeno cadere nella tentazione di sistemare una faccia alla volta, come propongono alcuni ideologi politici, prima la pace, prima i partenariati imprese-terzo settore, prima l’ambiente, prima la produttività o la partecipazione popolare. Chi non lavora in modo inclusivo, sistemando allo stesso tempo ogni tessera dell’immenso mosaico si trova a dover poi rivoluzionare daccapo anche il lavoro già fatto
Secondo Jean Russell, la prosperità inclusiva trascende i modelli di sopravvivenza, sostenibilità e resilienza.
Essa abbraccia tutto il flusso di crescita sostenibile come fonte di vita, gioia e significato della vita, si unisce al flusso e cavalca le sue onde, piuttosto che cercare di annullarne gli effetti. Ogni strato include e trascende anche il livello precedente, espandendo sia le interconnessioni che la consapevolezza del sistema, mentre ogni strato raggiunge nuovi limiti e scopre che ci sono più forze di quelle che possono essere spiegate all’interno della sua sfera di competenza. Inoltre, la capacità di crescita non è una progressione, in cui si deve sempre passare da una fase all’altra. Al contrario, è possibile avere aspetti dello sviluppo di ogni persona o organizzazione in vari punti della mappa della capacità di crescita e quindi la trasformazione verso la prosperità inclusiva può realizzarsi anche con diversi livelli di avanzamento nei suoi componenti http://thrivable.net/2013/02/resilience-aint-enough/
Grazie e spero re-incontrarvi presto online o di persona.
*Senior adviser, Mae Fah Luang Foundation, Bangkok, Thailandia. www.sandrocalvani.it