Erano 65 anni che nessuno osava metter sullo stesso piano un’oreficeria di lusso, una multinazionale con 119 stabilimenti e il servizio ambulanze d’una valle alpina. La «finanziaria del popolo» l’ha fatto. Raddoppiando l’Ires al «non profit» per portarla al livello delle società che dal lucro sono mosse.
Il progetto Integr-Azione, interamente coperto da fondi Fami, ovvero dell’Unione europea, ha preso piede quest’anno con le prime 192 partenze. Ne prevedeva in totale 3mila, ma l’attuale esecutivo ha deciso di bloccare i finanziamenti
Via al corso professionalizzante su adempimenti giuridici, fiscali e sulla finanza sociale dei nuovi Enti no profit
L’Università di Siena ha progettato un percorso di formazione per i suoi laureati e laureandi, in collaborazione con Confcooperative Sud Toscana, Banca etica e con il giornale Vita. Il corso professionalizzante “Let’s Go”, che partirà all’inizio del mese di novembre, è stato presentato nell’ambito del convegno “L’innovazione del Terzo settore – Nuove professionalità per il futuro”, organizzato dal dipartimento di Scienze politiche e internazionali.
Venerdì 19 ottobre alle 10:30, presso il Modo Hotel di Vercelli, in occasione del convegno “L’impatto del Codice del Terzo Settore sull’assetto funzionale del mondo associativo”, organizzato a Vercelli dall’Unione Nazionale Mutilati per il Servizio, parlerò de “La riforma del Terzo Settore in cammino: sfide e opportunità”.
Anche questa volta la Corte Costituzionale ha respinto i ricorsi delle Regione Lombardia e Veneto circa la parte del Codice del Terzo settore dedicata alla riforma dei Centri di servizio per il volontariato. Adesso acceleriamo il processo che trasforma i Csv in veri e propri agenti di sviluppo dell’azione volontaria sul territorio.
Gli enti che conseguono ricavi sotto i 220 mila euro (il precedente limite era 50 mila euro) possono approvare un semplice rendiconto di cassa al posto del bilancio di esercizio. E l’obbligo di sottoporsi a revisione legale dei conti sussiste solo per gli enti di maggiori dimensioni.
Modifiche statutarie con le maggioranze dell’assemblea ordinaria entro il 3 agosto 2019, ma solo se finalizzate all’adeguamento alle nuove norme. Conservazione della personalità giuridica ottenuta col sistema concessorio nei casi di fuoriuscita delle associazioni e fondazioni dagli enti del terzo settore. Esclusione di un termine specifico per la redazione ed approvazione dei bilanci i quali, tuttavia dovranno essere presentati non oltre il 30 giugno di ogni anno. Sono le principali novità civilistiche apportate al dlgs 3 luglio 2017 n. 117, recante «Codice del terzo settore» dal decreto correttivo che sarà pubblicato il 10 settembre sulla Gazzetta Ufficiale n. 210 entrando in vigore dal giorno successivo.
Le modifiche statutarie. Le modifiche che le norme transitorie previste dall’art. 101, comma 2, del cts consentono di apportare agli statuti di Odv (Organizzazioni di volontariato), Onlus e Aps (Associazioni di promozione sociale) con le modalità e le maggioranze previste per le deliberazioni dell’assemblea ordinaria (anche in seconda convocazione) subiscono due modificazioni.
La prima si connota in un mero ampliamento dei termini. Come più volte richiesto dal forum del terzo settore, i termini per le modifiche statutarie attraverso maggioranze semplici delle assemblee (anche in seconda convocazione e quindi con la mera maggioranza dei presenti) slittano dal 3 febbraio al 3 agosto 2019, consentendo, di fatto, migliori valutazioni agli enti anche alla luce del correttivo in commento.
La seconda correzione è, invece, finalizzata (così come con la riforma del diritto societario del 2004) a limitare le modifiche statutarie apportabili con maggioranze semplici.
Tali modifiche potranno, infatti, riguardare solo disposizioni inderogabili (oggetto sociale limitato in via esclusiva o principale alle attività di cui all’art. 5, previsione di un organo di controllo al superamento dei previsti limiti dimensionali ecc.) e l’introduzione di clausole che escludono l’applicazione di nuove disposizioni derogabili (es. esclusione delle deleghe assembleari). Tali limitazioni hanno, ovviamente, l’obiettivo di evitare che con maggioranze semplici possano modificarsi arbitrariamente gli statuti degli enti, configurando, a seconda dei casi, abusi di maggioranza o minoranza.
Conservazione della personalità giuridica. Su input del Consiglio di Stato, il decreto correttivo risolve il problema degli enti che avevano ottenuto il riconoscimento giuridico attraverso il sistema concessorio, sulla base del dpr 361/2000 ed essendo iscritti ai registri gestiti da prefetture e regioni, decidessero di iscriversi anche al Runts (Registro unico nazionale del Terzo settore) per ottenere il riconoscimento giuridico attraverso il nuovo sistema ordinario. Questi enti, infatti, rischiavano di perdere definitivamente il primo riconoscimento giuridico nel caso in cui, dopo essere stati iscritti nel Runts, per obbligo (perdita dei requisiti richiesti per essere Ets-Enti del Terzo settore) o per specifica scelta dell’ente, avessero deciso di tornare ad essere disciplinati dalle norme del libro 1° del codice civile. A riguardo il nuovo art. 22, comma 1, prevede che gli enti anteriormente iscritti ai registri regionali o prefettizi durante il periodo di iscrizione al Runts “non perdano la personalità giuridica acquisita con la pregressa iscrizione”. Ne consegue che in caso di cancellazione dal Runts, andrà a riespandersi la pregressa iscrizione, evitando la perdita della personalità giuridica precedentemente acquisita. Tali nuove disposizioni possono ovviamente cancellare una remora per l’iscrizione al Registro del terzo settore di associazioni e fondazioni incentivandone l’adesione.
Bilancio. Con una modifica all’art. 87 del Cts (Codice del Terzo settore) viene previsto che gli Ets non commerciali, che non applicano il regime forfetario e che, nell’esercizio delle attività di interesse generale e diverse di cui agli art. 5 e 6 del Cts, non abbiano conseguito nell’anno precedente ricavi, rendite, proventi o entrate comunque denominate di ammontare non superiore a 220 mila euro (il precedente limite era pari a 50 mila euro), saranno legittimati a redigere, anziché il bilancio di esercizio di cui all’art. 87, comma 1, lett. a) (costituito dalla situazione patrimoniale, dal rendiconto finanziario, con l’indicazione dei proventi e degli oneri e della relazione di missione), il rendiconto di cassa di cui all’art. 13, comma 2. Inoltre, nel novellato art. 87, comma 1 del Cts non si chiede più di riportare in apposito documento, da redigere entro sei mesi dalla chiusura dell’esercizio annuale, la situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell’ente. Rimangono tuttavia, i termini di deposito al Runts (art. 48) che non decorrono né dal periodo di chiusura dell’esercizio, né da quello di approvazione del bilancio ma sono fissati in ogni caso al 30 giugno di ogni anno. Con una modifica del co. 6 dell’art. 13 si prevede poi, che il carattere secondario e strumentale delle attività diverse da quelle di interesse generale, può essere esposto, a seconda dei casi come segue:
– gli enti che redigono il rendiconto gestionale indicano le attività diverse nella relazione di missione;
– gli enti che redigono il rendiconto per cassa, lo documentano in un’annotazione in calce allo stesso;
– gli enti che redigono il bilancio, lo documentano nella nota integrativa.
Revisione legale e organo di controllo. Con specifiche modifiche al comma 6 dell’art. 30 viene chiarito che:
1) l’obbligo di sottoporsi a revisione legale dei conti sussiste solo per gli Ets di maggiori dimensioni, cioè per gli enti che superano i parametri previsti dall’art. 31;
2) se, per previsione statutaria l’Ets affidi la revisione legale dei conti – quando essa sia obbligatoria – all’organo di controllo interno (piuttosto che ad un revisore legale esterno), questo possa avvenire a condizione che tutti (e non uno degli stessi come nel precedente disposto normativo) i componenti l’organo di controllo siano revisori legali iscritti nell’apposito registro (art. 2409-bis cc)
Lunedì 9 luglio alle ore 21.00 presso il Castello Sforzesco di Galliate si terrà la prima iniziativa d’area di Futura Novara.
Focus della serata la “Nuova Legge Delega sul Terzo Settore: uno sguardo sull’associazionismo novarese partendo da quello femminile”.
Ne discuteremo insieme all’On. Donata Lenzi, relatrice di tale legge, all’ex. Sottosegretario Luigi Bobba che oltre ad esserne il promotore ne ha curato gli aspetti fiscali e all’Assessore Regionale alle Politiche Sociali Augusto Ferrari.
Introduce il Consigliere Provinciale Stefano Zanzola e modera il dibattito Mary Longano con delega alla Pari Opportunità e Conferenza delle Donne nella Segreteria Provinciale, entrambi referenti di Futura Novara.
Intervengono due Presidentesse di due Associazioni molto attive nel nostro territorio: Tiziana Fiorani per AIED Novara e Mouna Zaghrouk per l’associazione Mobara.
I referenti di Futura Novara concordano entrambi sul fatto che il Terzo Settore occupa un posto prioritario in Italia e in particolar modo è molto attivo e fiorente nel nostro territorio, il più delle volte le associazioni lavorano incessantemente per garantire beni e servizi alla società.
adminIncontro sulla nuova Legge Delega sul Terzo Settore
Sul sito del Dipartimento della Gioventù e del Servizio civile nazionale sono stati pubblicati venerdì 22 giugno scorso i bandi per la selezione 3.556 volontari da impiegare in progetti di Servizio Civile per l’attuazione del Programma Operativo Nazionale “Iniziativa occupazione giovani” – PON IOG, (Garanzia Giovani), nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Lazio, Sardegna e Sicilia.
Come ricorda il Dipartimento “possono partecipare ai bandi di selezione giovani di età compresa tra 18 e 28 anni, non occupati e non inseriti in percorsi di istruzione e formazione (i cosiddetti NEET). Ciascun giovane ha la possibilità di presentare una sola domanda di partecipazione e per un unico progetto di servizio civile da scegliere tra quelli inseriti nei bandi. Può presentare domanda anche chi ha già svolto il servizio civile, chi ha partecipato al progetto sperimentale europeo IVO4ALL o chi è stato impegnato nei Corpi civili di pace. La durata del servizio è di dodici mesi”. Le domande, redatte secondo le indicazioni contenute nei bandi, devono essere indirizzate direttamente all’ente che realizza il progetto prescelto e devono pervenire entro e non oltre le ore 14.00 del 20 luglio 2018. La selezione dei candidati è a cura di ciascun ente che realizza il progetto e che pubblicherà sulla homepage del proprio sito tutte le informazioni necessarie.
«La partecipazione non è un mero fatto estetico: è quel dovere inderogabile di solidarietà cui è tenuto un cittadino come soggetto attivo, partecipe di una comunità».
È questa la definizione che dà della partecipazione Luigi Bobba, già sottosegretario al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. Una partecipazione riconosciuta, ma anche incoraggiata; un diritto-dovere, il «risultato finale di una cultura che guarda alla persona più che all’individuo; una cultura che guarda alla comunità». «Non è un caso, a tal proposito», sottolinea Bobba, «che nella Riforma vengano dati una lettura ed un riconoscimento del volontario non solo dentro l’associazione di volontariato, ma trasversalmente, in tutte le forme associative e di impresa sociale presenti nel Paese».
Non più solo una partecipazione ed un impegno volontario strutturati, legati ad un’adesione personale ad un progetto e all’appartenenza a organizzazioni portatrici di propri caratteri identitari, ma volontari, persone che possono scegliere di declinare le loro scelte di partecipazione in modo spontaneo e plurimo, fluido, individuale. Come cambia e come cambierà la partecipazione alla luce delle novità che la stessa Riforma introduce?
«La Riforma affonda le sue radici in alcuni articoli fondamentali della nostra Carta costituzionale, in particolare l’articolo 2, il 3, il 4 e il 118. Proprio il richiamo agli articoli medesimi porta ad individuare con immediata chiarezza l’obiettivo, il cuore della Riforma.
Anzitutto il riconoscimento degli enti di Terzo settore come parte di quelle formazioni sociali dove si svolge la personalità dei singoli; dove, cioè, si costruisce anche la partecipazione alla vita sociale, culturale, lavorativa, educativa del Paese. In primo luogo un riconoscimento, quindi, orientato verso un altro obiettivo: rimuovere tutti gli ostacoli che impediscono una piena uguaglianza dei cittadini in termini di diritti e accesso alle opportunità, con un richiamo agli inderogabili doveri di solidarietà.
La partecipazione non è quindi un mero fatto estetico: è quel dovere inderogabile di solidarietà cui è tenuto un cittadino come soggetto attivo, partecipe di una comunità. Infine il dovere – programmatico per le istituzioni – di favorire l’articolo 118, creare cioè le condizioni perché l’esercizio dei doveri di solidarietà – in vista della rimozione di tutti gli ostacoli all’uguaglianza – possa essere il più possibile sostenuto, favorito, facilitato nel contesto in cui vivono le persone.
Credo che, analizzata in questa ottica, la partecipazione diventi il risultato finale di una cultura, che guarda alla persona più che all’individuo; che guarda alla comunità; che deve consentire l’accesso ai diritti e alle tutele a tutti e allo stesso tempo chiede, a chi viene riconosciuto nei suoi diritti, di esercitare anche i propri doveri di solidarietà.»
Storicamente la partecipazione alla vita politica, sindacale, sociale e l’impegno nel volontariato erano spesso la conseguenza di un’adesione personale ad un progetto, ad un’idea. Questo tipo di partecipazione e di volontariato esiste ancora? Qual è oggi – anche alla luce della Riforma – la forbice tra quell’impegno volontario continuo, strutturato, di adesione personale e quello fluido o legato ai grandi eventi come Expo?
«Secondo i dati Istat i volontari organizzati in reti associative sono 4 milioni e 700mila, mentre quelli che preferiscono un impegno più individuale – come tale meno legato in modo duraturo ad una rete associativa – sono circa un milione e 700mila. Potenzialità, che credo vadano considerate positivamente. Due sono, a mio parere, gli elementi da sottolineare. Il primo: occorre investire sulle reti associative che promuovono un impegno civico e volontario. Anche una capacità di durata di tale impegno oltre la mera occasionalità è, infatti, un elemento di qualità importante, maggiormente realizzabile laddove la persona sia collegata ad una realtà che abbia la capacità di indirizzare la sua disponibilità, il suo impegno volontario verso forme anche diverse. Non è un caso, a tal proposito, che nella Riforma vengano dati una lettura ed un riconoscimento del volontario non solo dentro l’associazione di volontariato, ma trasversalmente, in tutte le forme associative e di impresa sociale presenti nel Paese.
Il secondo aspetto da tener presente è la necessità di investire in modo particolare sul tema della formazione e della qualificazione dell’azione volontaria. Non c’è nulla di scontato nel pensare che ciò che si faceva un tempo, che l’esperienza delle generazioni adulte e anziane si trasmigri automaticamente e naturalmente verso le generazioni più giovani. Solo processi intenzionali e finalizzati possono dare un risultato reale, soprattutto a fronte dei contesti attuali di vita che sono impregnati di una cultura più individualista, di legami sociali che rischiano di essere frammentati o liquidi, come diceva il sociologo Zygmunt Bauman. In questo senso, nella riforma del Terzo settore, la scelta di rivedere e reinterpretare il servizio civile volontario per i giovani è un investimento che pone ricadute importanti proprio sulle reti sociali organizzate che sappiano interloquire, motivare e ingaggiare persone disponibili ad un impegno volontario, ad esercitare quei doveri inderogabili di solidarietà sociale sanciti dalla nostra Carta costituzionale e ribaditi dalla Riforma stessa.»
Introduciamo in questa riflessione il punto di vista di una organizzazione di volontariato: qual è il rapporto tra volontariato e partecipazione? Come ripensare alcuni aspetti del suo essere associazione a partire da quello identitario, ma anche in termini di capitale umano, formazione, capacità di coinvolgimento di nuovi volontari?
«Evidentemente la dimensione identitaria, la missione, la forma associativa che ciascuno sceglie per la realtà associativa a cui partecipa sono essenziali, sono il cuore della motivazione, la base della disponibilità all’impegno volontario. Oltre questo elemento e a fianco della formazione, credo sia importante, come la stessa Riforma ribadisce, che le tante realtà diverse, plurali, con motivazioni, storie e modalità di intervento differenziate, non agiscano da sole, ma in rete.
La Riforma riconosce, infatti, le reti e riforma i Centri di Servizio per il Volontariato proprio con questo intento: alcune funzioni di promozione, monitoraggio, controllo, sostegno alla formazione possono avvenire meglio se organizzate, sostenute dalle reti anziché pensare che ciascuno possa fare tutto da sé, in casa. È importante che ciascuno faccia per la missione che gli è propria, ma entro un contesto in cui non agisce come un’isola, ma si inserisce in una rete.»
Come cambierà, alla luce di questo quadro di mutamenti, l’identità (o le identità) del
volontario? Di fronte al nuovo orizzonte di una partecipazione fluida, spontanea, non più esclusiva, che ne sarà del senso di appartenenza? «Anzitutto credo che le reti associative non debbano guardare con sospetto a questo volontariato “leggero”, quanto coglierne piuttosto le potenzialità, trasformarle in una motivazione che sostenga qualcosa di più duraturo. Guardarlo, quindi, con simpatia, pur non assecondando semplicemente una tendenza che, in qualche modo, precarizza tutti gli elementi di vita della persona. Si tratta di una disponibilità, che va comunque colta come una risorsa e non come una degenerazione, come in alcune occasioni è stata definita. Una risorsa che va coltivata, curata, sulla quale va fatto un investimento.
È questa a mio parere la novità del tempo che ci troviamo a vivere.»
Più da vicino sulla Riforma: come è stato il processo partecipativo? Quale il contributo dal basso? Qual è la sua valutazione?
«La mia è certamente una valuta valutazione positiva. Basti pensare alle oltre 1.400 risposte alle Linee guida lanciate nel maggio 2014: una novità importante, in risposta alla quale in molti si erano mobilitati per offrire suggerimenti, idee, osservazioni. E ancora, durante tutto il tempo della Riforma – oltre agli strumenti istituzionali di consultazione che le Camere prevedono in ordinario su tutti i processi legislativi – c’è stato un lavoro da parte del Ministero di ascolto, presentazione, discussione estremamente ampio. Così come i contributi più strutturati, continuativi e partecipati, del Forum del Terzo settore, ma anche da parte di altre reti come CSVnet o Acri o il mondo organizzato della cooperazione sociale o le associazioni sportive.
Ferma tutta la varietà di questo mondo, il dialogo non è mai stato impedito, anzi, piuttosto, favorito. In più, se si aggiunge il lavoro più politicamente strutturato da parte del Forum del Terzo settore, che ha attinto dalle sue reti, penso si tratti di una Riforma ad alto tasso di partecipazione.»
Vorremmo chiudere con una sua previsione: alla luce della Riforma, degli attuali mutamenti sociali e di impegno, alla luce del ruolo dei social network, che aprono le porte ad una partecipazione potenzialmente planetaria, come vede il futuro della partecipazione? «Certamente i social sono uno strumento per allargare e costruire reti altrimenti impensabili. Non possiamo però pensare che con un “mi piace” costruiamo un’azione di tipo volontario, né tanto meno un processo partecipativo.
La rete può essere un sostegno. Ma a cosa? Ad avere un numero di persone, che decidono volontariamente di operare per una buona causa, di creare un’impresa sociale, di fare azione volontaria in modo non occasionale, di promuovere iniziative per includere i molti che sono esclusi. Azioni queste che, tuttavia, poi richiedono energia, tempo, dedizione, ma anche formazione e competenze. Utilizziamo quindi i social, come strumento per rafforzare processi partecipativi, ma l’azione volontaria è quella che poi richiede una messa in gioco personale, senza la quale tutto manterrebbe un carattere di ultra leggerezza, che non mobilita i sentimenti profondi di una persona che sono la base di azioni compiute per una scelta consapevole, non per fini di lucro o per obbligo di legge.
È lì che bisogna saper utilizzare al meglio le reti ed i social, avendo come orizzonte un allargamento della base delle persone, che si dedicano all’impegno civico e volontario. Basti pensare al campo della finanza etica: è chiaro che le scelte individuali di centinaia di migliaia o di milioni di risparmiatori sono in grado di modificare o di produrre, oggi, processi importanti, capaci anche di modificare le condizioni attraverso cui l’utilizzo del risparmio viene orientato ad un fine.
È allora chiaro che anche tanti comportamenti individuali – entro un orizzonte tenuto insieme da organizzazioni di rete – sono in grado oggi di produrre una soglia critica che agisce da cambiamento anche su altri attori sociali, economici, istituzionali. Nessuna paura, quindi, dei social, che modificano molto anche le forme della comunicazione e della capacità di agire insieme a distanza. Sapendo però che poi, comunque, servono scelte e comportamenti che abbiano a che fare con la propria responsabilità personale.»
L’ultimo atto, giovedì scorso, è stato l’insediamento del Consiglio nazionale del Terzo settore, un organismo di controllo previsto dalla Riforma seguita passo passo dal sottosegretario alle Politiche del Lavoro, Luigi Bobba.