Giovani&futuro, 5 proposte concrete per il governo di novità

«La parola futuro ha dei volti precisi: i nostri bambini (sempre meno); i nostri ragazzi (meno istruiti della media dei ragazzi europei); i nostri giovani sempre più in cerca di un futuro in altri Paesi (circa 120mila ogni anno partono). E allora proviamo a compiere questa svolta e a giocarci la carta della novità su un programma di investimenti emotivi, relazionali, economici e politici», l’intervento dell’ex sottosegretario al Welfare nei governi Renzi e Gentiloni

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Luigi BobbaGiovani&futuro, 5 proposte concrete per il governo di novità
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Una nuova prospettiva sulla Global Inclusion con gli ospiti della plenaria l’11/09 a Bologna

Uno spazio di responsabilità sociale per imprese, associazioni non profit, istituzioni, scuole e università che scelgono una strategia integrata di comunicazione interna, esterna ed employer branding sull’inclusione. Etica e crescita economica si fondono in un progetto aperto al futuro.

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Cambiano le figure della formazione professionale

Il lavoro di revisione del Repertorio delle qualifiche professionali iniziato quando ero Sottosegretario al Lavoro, è arrivato a conclusione. Maggiore aderenza delle qualifiche e dei diplomi ai profili professionali richiesti dal mercato del lavoro.

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Bobba: Spadafora, “non si possono imbrogliare le carte”

Comunicato stampa

Bobba: Spadafora, “non si possono imbrogliare le carte”
Dichiarazione di Luigi Bobba sul ddl del Governo sul rifinanziamento del Servizio civile

“Sono felice che il Governo abbia emanato un ddl per rifinanziare il Servizio civile, ma il Sottosegretario Vincenzo Spadafora non può imbrogliare le carte”.

Così l’ex Sottosegretario Luigi Bobba con delega al Servizio civile nei governi Renzi e Gentiloni in merito alle dichiarazioni di Spadafora circa il ddl emanato ieri dal Consiglio dei ministri con il quale si rifinanzia il Servizio civile universale per 70 milioni.

“Mi complimento con Spadafora ma affermare che, grazie a questo provvedimento – se andrà in porto -, partiranno “53.000 giovani invece dei 27.000 che sarebbero partiti con i fondi previsti dal Governo PD”, è un vero e proprio imbroglio.”

“Spadafora – continua Bobba – avrebbe dovuto almeno apprezzare che, con gli stanziamenti del  Governo Gentiloni nel 2018, ha potuto far partire più di 53.000 giovani. E se il Governo gialloverde non avesse tagliato i fondi Fami destinati ai giovani titolari di protezione internazionale e una quota di fondi di Garanzia giovani non spesi dalle Regioni del Sud, avremmo oggi un totale di più di 58.000 giovani in servizio”.

“Ma la cosa più sorprendente . conclude Bobba – è che i 70 milioni destinati ad incrementare la dotazione del Servizio civile vengono sottratti al Fondo della Presidenza per le aree degradate relativo al 2019 (noto come fondo periferie).”

“Insomma, per finanziare il Servizio civile si depotenzia il contrasto al disagio delle periferie urbane. Meglio sarebbe stato utilizzare invece le risorse non spese della riforma del Terzo settore che, per via dei notevoli ritardi accumulati nell’ultimo anno nella attuazione della stessa, produrranno un risparmio di quasi 50 milioni.”

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Ong straniere e fiducia nel non profit. Bobba: “Non confondersi con la politica”

L’ex sottosegretario al Welfare commenta le dichiarazioni del presidente di Ai.Bi. in merito ai dati Ipsos, al ruolo delle organizzazioni non italiane e alla necessità di maggiore trasparenza. “Con la riforma le regole già ci sono, devono diventare prassi”. Ma il non profit ora deve “investire in buona comunicazione”
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Luigi Bobba: “Riforma terzo settore, la sfida può essere ancora vinta. A patto che…”

(Vita.it) I sette passi necessari «per non svuotare nei fatti la riforma e per valorizzare quello straordinario patrimonio di risorse volontarie, civiche e imprenditoriali di cui il Terzo settore italiano dispone». L’editoriale, firmato dall’ex sottosegretario al Welfare del numero del magazine in distribuzione da questo fine settimana

Come accade spesso in Italia, le riforme finiscono per arenarsi nelle sabbie mobili del bizantinismo burocratico, nei tempi infiniti dei provvedimenti attuativi e nei micro interessi dei molti corporativismi eternamente presenti nel tessuto sociale del Paese. Anche la riforma del Terzo settore corre questo rischio.

Salutata come un cambiamento a lungo atteso, accompagnata dalla spinta delle molteplici realtà associative, di volontariato e di impresa sociale e sostenuta da una chiara volontà politica, la riforma era riuscita, dopo un percorso né semplice né breve, a tagliare il traguardo non solo dell’approvazione delle Camere ma anche degli indispensabili decreti legislativi che ne hanno disegnato forma, contenuti e tempi di attuazione.

A quasi due anni dall’approvazione del Codice del Terzo settore — il più importante dei cinque decreti legislativi — che ne è della riforma? Il Governo in carica ha avuto il merito di portare a termine i due decreti correttivi — quello sul Codice e quello sul Servizio civile universale — già predisposti dall’esecutivo guidato da Gentiloni. Ma nel frattempo — in questo anno di esecutivo giallo/verde — si sono susseguiti una serie di atti o di incidenti che hanno fatto chiedere agli osservatori più attenti se non sia in atto una vera e propria campagna per screditare e mettere nel mirino il Terzo settore. A cominciare dall’introduzione – poi cancellata – della tassa sulla bontà; dall’imposizione — anche qui recentemente depennata — nel decreto spazza corrotti agli enti di Terzo settore dello status di partito con gli obblighi e i costi conseguenti; per arrivare infine alla sistematica campagna contro le ong ree di salvare i migranti e di gestire l’accoglienza degli stessi.

Solo una serie di coincidenze o di incidenti? E come si riflette questo clima sull’applicazione della riforma del Terzo settore?
Certamente il livello dell’attenzione e della mobilitazione si è alquanto affievolito. E così può capitare che il Consiglio di Stato emetta un parere che mira a svuotare la carica innovativa degli art. 55, 56, 57 del Codice che disegnano un ruolo di partnership del Terzo settore nella programmazione delle politiche sociali; che alcune Regioni mettano a bando con solenne ritardo le risorse contenute nella riforma per i progetti innovativi delle Aps e delle Odv; che ci si accorga, grazie al puntuale intervento di Vita e di Italia non profit, che il Fondo del 5 per mille — per via della crescita del numero dei contribuenti che hanno optato per questo strumento — sia diventato insufficiente; così, pur senza alcuna modifica normativa, ritorna di fatto il famigerato tetto. Fatti che hanno obbligato — per necessità non certo per volontà — anche il Forum del Terzo Settore ad un ruolo più difensivo che propositivo, venendo così a mancare agli attori istituzionali quella spinta così necessaria a mantenere un passo spedito e sicuro nell’attuazione della riforma.

L’intento di queste annotazioni non è di natura polemica. Evidenzio pertanto sette passi necessari per non svuotare nei fatti la riforma e per valorizzare quello straordinario patrimonio di risorse volontarie, civiche e imprenditoriali di cui il Terzo settore italiano dispone.

Primo passo: condurre rapidamente a termine tre processi meritoriamente avviati in questo ultimo anno: la partenza del Registro unico nazionale, l’approvazione definitiva del decreto sulle attività secondarie e strumentali e lo sblocco del decreto sulle erogazioni liberali di beni in natura. In particolare, il Registro è un pilastro essenziale per avere finalmente uno strumento univoco e trasparente per l’accesso ai benefici della riforma.

Secondo passo: avviare subito la richiesta alla Commissione Europea per l’autorizzazione ad introdurre i nuovi regimi fiscali sia per la generalità degli enti di Terzo settore che quelli specifici per le imprese sociali. Oggi le uniche norme fiscali già in vigore sono quelle relative alle deduzioni e detrazioni per le erogazioni liberali e l’esenzione dalla tassa di registro e quella sugli atti transattivi. Il resto — che vale circa un terzo (50 milioni) della dotazione finanziaria della riforma — resta congelato.

Terzo passo: fare rapidamente il decreto attuativo per i Titoli di solidarietà e gli altri strumenti di finanza sociale previsti dal Codice. Come hanno ben evidenziato Paolo Venturi e Mario Calderini, c’è oggi un forte potenziale di sviluppo delle imprese sociali che questi strumenti potrebbero accompagnare e sostenere.

Quarto passo: avviare il “Social bonus”. Piange il cuore vedere che molti immobili pubblici inutilizzati o confiscati alle mafie, non possano diventare luoghi creativi per nuove attività e servizi del Terzo settore.

Quinto passo: cosa aspetta il ministero del Tesoro ad emanare il decreto che recepisce i nuovi criteri del 5 per mille? I recenti dati ci dicono che…


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Sì a Chiamparino Presidente: le ragioni della mia candidatura alle prossime elezioni regionali in Piemonte

Se mi aveste chiesto anche solo una settimana fa di una mia eventuale candidatura nel listino del Presidente Chiamparino, vi avrei risposto senza esitazione in modo negativo. Poi, nel volgere del fine settimana di Pasqua, per le vie non sempre prevedibili della politica, mi è stata chiesta la disponibilità a far parte del “listino del Presidente Chiamparino”.

Chiariamo subito di cosa si tratta. Alle prossime elezioni regionali, i cittadini eleggeranno 40 consiglieri nei rispettivi collegi provinciali esprimendo un voto per il partito prescelto, e se lo desiderano, indicando una preferenza per uno dei candidati del proprio collegio. Altri 10 consiglieri saranno attribuiti per legge al candidato Presidente che il 26 maggio avrà ottenuto il maggior numero di voti. Un premio di maggioranza che consente al vincitore di avere appunto una maggioranza stabile nel nuovo Consiglio regionale. Ecco, per volere di Chiamparino e del Partito Democratico piemontese sono stato inserito nel “listino del Presidente”. Gli elettori non dovranno scrivere il mio nome sulla scheda, ma semplicemente scegliere Chiamparino e il Partito Democratico. 

Perché ho accettato questa proposta? Per tre semplici ragioni. 

La prima: in Piemonte si gioca una sfida che riguarda tutto il Nord. Siamo l’unica regione del Nord ancora guidata dal centrosinistra. Tutte le altre hanno eletto presidenti leghisti. Il Piemonte, con la vittoria di Chiamparino, può essere un argine al dilagare del nazional-populismo. Con l’esperienza maturata, sia in campo sociale sia politico-parlamentare, voglio fare la mia parte per mettere un freno a questa deriva dannosa per tutto il Paese.

Seconda ragione: sono vercellese e come tale vorrei provare a dare un’opportunità di rappresentanza in Consiglio regionale ad una delle provincie “piccole” dell’Alto Piemonte. Con la presenza nel listino, se Chiamparino vincerà le elezioni, avrò la possibilità di continuare un lavoro di rappresentanza del mio territorio, cosa che ho sempre cercato di fare come parlamentare fino al 2018.

Infine, terza ragione: desidero dare il mio contributo perché il Piemonte possa diventare uno straordinario laboratorio di innovazione tecnologica e della conoscenza; riesca a dar vita a un’originale esperienza di welfare comunitario; e insieme essere un ponte che guarda senza paura all’Europa e al Mondo.

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