Erogare entro giugno il 5 per mille, mobilitare 80mila giovani, una App all’inglese
Caro direttore,
fu soprannominata ‘la flotta delle zanzare’. Entrò in azione nel maggio del 1943, dopo un appello di Churchill a mobilitarsi per salvare dalle spiagge di Dunkerque (Francia) i soldati britannici ormai accerchiati dalle truppe tedesche e senza via di scampo se non il mare. Certo Churchill spedì a Dunkerque il meglio della Marina britannica; ma per poter avvicinarsi alle spiagge, servivano piccole imbarcazioni più agili e veloci. Così centinaia di civili britannici partirono da Dover con le loro piccole barche e i loro mercantili. Fu proprio grazie a loro che migliaia di soldati inglesi furono tratti in salvo di notte dalle spiagge e poi trasbordati sulle robuste navi della Marina Reale. Anche oggi – in questa drammatica crisi – serve mobilitare ‘la flotta delle zanzare’.
Sicuramente sono indispensabili le imbarcazioni possenti dello Stato – ingenti risorse finanziarie, protezione civile, sistema sanitario, scienziati, esercito. Ma non bastano. Per sconfiggere il virus in questa ‘strana guerra’, servono anche le migliaia di piccole imbarcazioni del Terzo settore. Serve la responsabilità civica, la disponibilità all’impegno volontario, le competenze professionali e relazionali di centinaia di migliaia di volontari singoli e associati presenti nelle nostre comunità. Servono oggi e saranno ancora più preziosi nel tempo della ‘ricostruzione’ dopo che, sperabilmente, la crisi sanitaria sarà superata. Che cosa fare? Tre semplici suggerimenti per il Governo.
Primo: occorre erogare, entro giugno, il 5 per mille sia del 2017 sia del 2018. Un miliardo di euro per 55.000 enti del Terzo settore beneficiari del 5 per mille. Sono risorse già a bilancio, ma c’è un Dpcm fermo da tempo che – se rapidamente approvato – consentirebbe di effettuare questa accelerazione. Un modo concreto per rafforzare le attività e i servizi di queste organizzazioni e, a volte, di evitare che chiudano i battenti. Secondo, abbiamo uno straordinario strumento che si chiama Servizio civile universale. Si stanzino subito le risorse per mobilitare entro tre mesi quei circa 80mila giovani che nell’ultimo bando non hanno trovato posto per fare un anno di servizio volontario. Occorre reperire 400 milioni di risorse aggiuntive ed emanare subito un bando con procedure straordinarie. Quello che è accaduto con i bandi della Protezione civile per medici e infermieri, ci dovrebbe spingere a non lasciare in panchina tante giovani energie. È un piccolo ‘esercito del bene comune’ che attende una chiamata all’ impegno volontario per curare le molte ferite di questa strana guerra. Infine, terzo suggerimento, sull’esempio di quello che sta facendo il governo inglese (questa l’hanno azzeccata), perché non trovare il modo di mobilitare, insieme ai tanti che già sono all’opera nelle reti associative e volontarie, almeno altri 200mila volontari individuali per assolvere quei tanti piccoli compiti di sostegno e servizio per le persone più fragili delle nostre comunità? Assistenza telefonica, consegna di pasti e medicine a domicilio, supporto nei trasporti agli operatori sanitari, volontariato nelle strutture socioassistenziali: compiti semplici, ma importanti per evitare lo sfilacciamento sociale e l’abbandono dei più deboli. Si crei – come hanno fatto gli inglesi – un’apposita App che riesca a far incontrare domanda e offerta: bisogni della popolazione con disponibilità dei volontari. Secondo l’Istat sono sei milioni i volontari in Italia, di cui 1,4 milioni volontari individuali. Non lasciamoli inerti. Il Governo inglese si è affidato ad una antica associazione di volontariato: la Royal Voluntary Service. E in Italia non mancano certo grandi reti capaci di mettere in piedi un servizio di questo tipo che, per certi versi, era stato sperimentato a Milano con Expo 2015. Ora siamo in tempi molto più difficili e carichi di sofferenza e ferite, ma sono certo che una chiamata alla responsabilità civica non andrà deserta. Tre cose semplici, ma urgenti: serve farle bene, ma serve soprattutto farle subito.
leggi la mia lettera al Direttore de L’Avvenire del 31 marzo 2020