Terzo settore: usiamo il Registro unico come leva per il 5×1000

Il presidente di Terzjus, Luigi Bobba, commenta i primi dati sul Runts: 61mila organizzazioni di volontariato e associazioni di promozione sociale trasmigrate, 3mila nuove richieste di iscrizione. Propone di realizzare una campagna che convinca quell’italiano su due che ancora non déstina il 5×1000 a farlo e ipotizza un Fondo per la repubblica solidale analogamente a quanto fatto per la povertà educativa

Sono 61mila gli enti già iscritti ai precedenti registri delle Organizzazioni di volontariato – Odv e delle Associazioni di promozione sociale – Aps che sono stati “trasmigrati” nel nuovo Registro unico del terzo settore – Runts.

Il dato arriva da Claudio Gagliardi, vicesegretario generale di Unioncamere, che ha avuto l’incarico dal ministero del Lavoro di curare l’architettura informatica del Runts. Dunque, a tre mesi dalla partenza del Runts, i dati del 70% delle Aps e delle Odv sono stati trasferiti nel nuovo registro e circa 3mila domande di enti, non già precedentemente iscritti, sono arrivate agli uffici delle Regioni a ciò preposti. Appare pertanto ragionevole pensare che entro poche settimane gran parte delle 88mila Aps e Odv saranno “trasmigrate”.

Dunque una buona partenza per il Registro che – come ha scritto Antonio Fici, – presenta tre punti di forza: ha una struttura interamente informatica; è “unico”, nel senso che ricomprende tutte le diverse categorie degli enti di Terzo settore; è “nazionale”, ovvero consente un’uniforme applicazione delle norme del Codice del Terzo Settore – Cts in tutte le diverse Regioni del Paese. Indubbiamente, il risultato più importante dell’azione intrapresa dal ministro del Lavoro, Andrea Orlando che, diversamente da coloro che lo hanno preceduto in quella responsabilità nei due Governi presieduti da Giuseppe Conte, ha impresso un’accelerazione oltremodo necessaria e alquanto attesa. Lo stesso dicasi per l’emanazione delle Linee guida (D.m. 72/2021) che affrontano compiutamente gli aspetti applicativi degli istituti dell’Amministrazione condivisa (art.55,56,57 del Cts).

Ora, il successo del percorso di formazione incentrato su queste Linee guida e realizzato da Anci su incarico del ministero del Lavoro – che vede una partecipazione di più di 1.000 tra amministratori degli enti locali, funzionari delle amministrazioni territoriali e quadri degli Ets -, attesta la bontà della strada intrapresa.

Resta invece ancora in stand by l’invio da parte del ministro Orlando della notifica alla Commissione Europea di alcune norme fiscali del Cts soggette all’autorizzazione comunitaria prima di essere recepite nel nostro ordinamento. Il tema presenta certo degli elementi di complessità, ma questo atto risulta particolarmente importante, in primo luogo per non lasciare in mezzo al guado il mondo delle Onlus e frenare lo sviluppo e la crescita delle nuove imprese sociali; in secondo luogo, la mancata adozione di tali norme produce un’oggettiva penalizzazione per gli Ets: ogni anno, circa 90 milioni della originaria dotazione di risorse della Riforma, anziché finanziare regimi fiscali più favorevoli, vengono restituiti al bilancio generale dello Stato. E d’altra parte, serve precisare che diversamente da quanto dichiarato dalla vice-ministra all’Economia, Laura Castelli, tale atto ricade unicamente sotto la responsabilità del titolare del dicastero del Lavoro, e non richiede alcun formale concorso da parte del Tesoro (anche se è sempre necessaria una leale collaborazione tra amministrazioni diverse). Se è vero che tali norme presentano alcune criticità e interpretazioni non sempre univoche, non è infondato ritenere che tali criticità si possano superare ricuperando, mediante il decreto “Sostegni ter” ora in discussione al Senato, quegli emendamenti correttivi già concordati con il Forum del Terzo settore, e poi non recepiti nella legge di bilancio.

Dunque notifica alla Commissione europea al fine di ottenere l’autorizzazione comunitaria più il Social bonus (che pare in dirittura d’arrivo) sono i due capitoli da portare rapidamente a conclusione, eliminando o per lo meno riducendo quell’area di incertezza ancora presente e lasciando senza argomenti i critici della Riforma.

Nondimeno si potrebbero metter in campo due azioni promozionali di grande valore simbolico e anche di notevole ricaduta pratica.

Mi riferisco alla più volte auspicata campagna promozionale del 5 per mille. È noto infatti che solo poco più della metà dei contribuenti con tassazione positiva utilizzi la facoltà del 5 per 1000. Perché non provare a raggiungere con un messaggio positivo quell’altro quasi 50% di contribuenti che finora non si è avvalso di questa facoltà di sostenere le attività di uno degli Enti del Terzo settore?

Tra l’altro, questo sarebbe anche il momento più opportuno per una duplice ragione: perché i tempi di erogazione del beneficio sono stati dimezzati (da due anni ad uno) e perché, in forza della nuova regolazione prevista dal Cts, si può presumere che aumenterà il numero degli enti beneficiari, oggi attestato a più di 70mila.

In secondo luogo, c’è da domandarsi se non si debba varare un “Fondo per la Repubblica solidale” analogamente a quanto disposto nel dl. 152/2021, art. 29 con il “Fondo per la Repubblica digitale”. In breve, riprodurre con diversa finalità (formazione e inserimento al lavoro dei Neet, welfare di comunità, inclusione al lavoro dei soggetti diversamente abili) quanto realizzato con successo con il “Fondo per la lotta alla povertà educativa minorile”. Le risorse per “spesare” un consistente credito di imposta da attribuire alle Fondazioni bancarie che aderiranno al Fondo, potrebbero rinvenire dalle somme non spese in diversi provvedimenti che hanno riguardato gli enti del Terzo settore.

Un Fondo per accrescere le ambizioni e le capacità del Terzo settore di essere una struttura portante del Paese e per conseguire risultati qualificanti in termini di inclusione sociale e lavorativa dei soggetti più fragili della popolazione.

Leggi l’articolo di Luigi Bobba su Vita.it del 28 febbraio 2022

 

 

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